lunedì 2 giugno 2014

Shutter Island





C'è un posto nella mia città che ricorda il manicomio criminale in pieno Atlantico dell' omonimo film: Pareti rosse Mattonate, palazzi alti con finestre strette e lunghe, muri di cinta, contrafforti, scalinate, comignoli, ciminiere, impalcature, pareti in roccia viva attorno alle fondamenta, un' aria di solennità e sale interne abbandonate.
E' un luogo, di fatto, misterioso, non per le leggende che vi corrono all' interno, ma per l' uso che se n'è fatto e che se ne dovrebbe fare nel tempo, dato che ancora oggi è confusamente adibito a succursale degli uffici comunali... già, proprio quello.
Ora, per lo più è un teatro, l' ultima rappresentazione ha fatto il pienone appena 6 giorni fa, c'era così tanta gente che hanno dovuto addirittura chiedere una replica, tra una settimana esatta:  A causa dell' inaspettata affluenza allo spettacolo e dell' animosità del pubblico (che, detto fra noi, si aspettava che qualcuno facesse Gol), lo spettacolo è rinviato in maniera decisiva al giorno 8.
Vi dirò, troppi attori in scena, una scenografia troppo barocca e una recitazione troppo marcata hanno abbassato di tono anche quei pochi attori che la critica aveva salvato dalla débâcle e che, effettivamente, potevano salvare la tragicommedia che il popolo si aspettava finire con una rete che si Gonfiava. Un peccato, insomma chiudere una stagione con una replica immeritata di uno spettacolo altrettanto immeritevole.

Anche perchè, dopo ci sarà il vuoto relativo.
L' aria di pioggia, in questi giorni, persiste come un monito nonostante l' alta temperatura e il vento fresco spazzi invano l' umidità stagnante di un luogo che sarà sigillato, sprangato. Al Catenaccio, sotto chiave.
Le quinte diventeranno ambulatori psichiatrici
Gli uffici diventeranno celle di isolamento
I Séparé diventeranno scappattoie
I Magazzini diventeranno Mense senza fine
Le Cantine diventeranno terre di nessuno
E il Palco diventerà il luogo dove verranno comunicate le volontà dei guitti

E Noi? Diventeremo?
Noi diventeremo anticorpi, rigettati fuori dai portali Sprangati a fare il pieno di Ossigeno e di Sole per ritrovare la forza di sfondare le porte del Manicomio.

domenica 13 aprile 2014

20 Gennaio 2002




In campo c'era la mia squadra di Rugby, quella della mia città -ovviamente- un manipolo di sciamannati entusiasti di aver creato, dopo due anni di duro sacrificio una squadra regolare di Rugby (anche se senza Panchina, era un lusso per una squadra giovanile di Serie C). Contro di noi una delle favorite, Pomigliano Rugby, il terrore della nostra prima amichevole (Fu una carneficina finita 96 a 7 per loro che schierarono tra le loro fila un paio di ragazzi che avevano tutt' altro che 17 anni) il quale scese in campo, sul nostro campo in terra nera e cocci, con la sicurezza assoluta di giocare un incontro di allenamento, ma tant'è che la sfida iniziò e al fischio d' inizio noi corremmo come dei forsennati. 

Dopo i primi minuti conducevamo la partita per 3 a 0, un calcio di punizione dall' origine controversa e che fu trasformato per pura fortuna; ma in quel momento tutto faceva brodo e il nostro umore saliva verso vette indecifrabili. Passa mezz' ora e in un' azione che sembrava non avere nemmeno la pretesa di essere un' azione offensiva, inizia una pressione gigantesca che ci porta oltra la linea di meta, una schiacciata liberatoria che ci porta sull' 8 a 0 per noi, gaudenti e con i polmoni pieni di quell' adrenalina che evaporava all' interno stesso dei nostri corpi, tanto dalla pressione che saliva.
Finisce il primo tempo, muti, mordendoci le labbra per non gridare subito alla vittoria, vincevamo e nessuno di noi aveva intenzione di perdere e faceva un freddo così tagliente che il terreno del campo si stava trasformando in una distesa di lamelle di terriccio congelato.

Inizia il secondo, noi ci lanciamo come barbari, loro cercano di schivarci, noi reagiamo, placchiamo, spingiamo, loro cominciano con le scorrettezze, inserimenti storti in mischia, strattoni in touche e qualche sgambetto nei punti d' incontro...ad un certo punto,però, il cuore smette di battere a tutti noi per pochi secondi: vediamo solo una palla che fugge in mano ad un nostro compagno di squadra (Santino, ovunque tu sia adesso nel paradiso degli sportivi e degli Ultras) comincia a caracollare freneticamente verso la linea di meta avversaria col pallone tra le braccia.

- FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
-Cos'è stato? Perchè? Che sta facendo? Non è fallo!
Mentre noi razionalizziamo il momento e il motivo del fischio dell' arbitro, non riusciamo nemmeno ad avere il tempo di sentire "In avanti, Mischia" che Santino scaglia in un gesto di stizza il pallone verso terra, il quale rotolando colpisce l' arbitro
...Cartellino Rosso, comportamento antisportivo. Cazzo, siamo 14.

Quella partita l' abbiamo persa 13 a 8, loro segnarono due mete in due azioni completamente irregolari. Ci dicemmo tra di noi: Vabbè è come se avessimo vinto noi. Perchè conoscevamo lo sforzo che avevamo fatto, perchè sapevamo che loro avevano giocato sporco, perchè sapevamo benissimo che noi eravamo una compagnia di ventura di giovani "schiodati"... ma il campionato no, ne' la società, ne' la federazione rugby.Quella partita l' abbiamo persa e quando parlammo con l' allenatore lui ci disse:"senza retorica, abbiamo perso, la decisione dell' arbitro è stato l' ago della Bilancia, ma ricordatevi che senza Arbitro, però, non si gioca a Rugby".E qeusta cosa ce l' ha ripetuta per anni...


poi, dopo 3 anni, però, salimmo in serie B.

lunedì 10 marzo 2014

Deux ans dans le désert B


Un tributo sarebbe doveroso, anche se non è nel mio stile:

 

Ci sarebbe da parlarne per ore, ci sarebbe da ricordare, leggere e stupirsi come se fosse la prima volta, a ogni pagina che le mani di quell' uomo hanno regalato al mondo della Nona Arte e non solo.

Potrei dirvi di quando l' ho incontrato di persona, della sua professionalità, dell' aura di modestia e di pace che emanava quando disegnava davanti a una folla esagitata, della simpatia che regalava ogni volta che girava una sua creazione davanti agli occhi di quelli in fila... O potrei dirvi di quando pensava che io mi chiamassi Mariagrazia per una questione di Pass Badge riciclati, o di quando mi ha richiamato di nuovo davanti a lui per finire un' illustrazione che <<avrebbe portato più fortuna>> con quell' ultima aggiunta. O di come facilmente si mescolava con un bicchiere di vino. O di quanto adorava Napoli. O di come ha cambiato il mondo dell' immagine. O di quanto la sua consapevolezza della realtà smantellasse la realtà stessa sovvertendo le priorità alla loro natura primordiale. O di come ha combattuto con una malattia. O di come è riuscito ad attraversare la società in maniera trasversale con una potenza comunicativa incontenibile. O di come non avesse bisogno, talvolta, di parole per spiegarla. O di bypassare le speculazioni più infantili sull' uso di stupefacenti e altre amenità "controverse"

O di chiudere l' immaginabile e l' inimmaginabile in un' anima superiore immensa come un deserto, un deserto Monolitico, un deserto vivissimo, un deserto dove tutti i suoi personaggi mutano fluidamente e impastano le sabbie in monumenti di bellezza mai vista su questa terra.


Potrei dirvi ancora tantissimo, ma non voglio. Arzach mi Rimproverebbe con uno sguardo.

Au revoir, Jean.




venerdì 21 febbraio 2014

Elogio alla Suite.



Non sono geneticamente predisposto per le cose brevi.
sono passati 2 Decenni e rotti, ma niente, nemmeno l' adolescenza è riuscita a semplificare quel nodo magmatico che si è accumulato dall' infanzia e ancora persiste.
Mi ricordo la Citroen BX Rossa, con le musicassette che per me sarebbero dovute iniziare tutte quante con le interminabili note di Shine on you Crazy Diamond o con le prime note di Aqualung o con la melodia inquietante e incalzante di Tubular Bells.
Mi ricordo dei Cd di Dvorak, Mahler, Wagner... dove la musica, per me, non iniziava ne' finiva, era continua, persistente, infinita e mi aiutava a farmi sentire tanto inesauribile da non terminare mai lo spazio per contenerle
Mi ricordo di tutte queste cose, ora, perchè è scomparsa un' altra delle voci che ha contribuito alla solidificazione di questo nucleo
M'è venuto da rifletterci e razionalizzare che non è vero che è bello quello che dura poco. E' bello quello che dura molto e con forza, è bello quello che resiste, è bello quello che sfida il tempo... è bello quello che resta sulla faccia della terra.
Non credete a chi dice di godere nel bruciare la candela dalle due estremità, non credete a chi vive l' attimo, non credete a chi sostiene che bello è "breve e intenso"... Anche Seneca lo diceva che la vita non è poi così tanto breve "...e Seneca non era mica un pirla..."[cit.]

Una suite (musicale) è per sempre.



lunedì 20 gennaio 2014

Onnidirezionale


Buona fine e buon principio.
In ritardo, ok, ma purtroppo la rivolta delle macchine che si sospettava arrivare con il nuovo anno '00, si è manifestata in maniera immensamente più ristretta e 14 anni dopo.

"Fiiiiiiiiiii"
Che ho fatto ora, arbitro? Cosa? Che vuol dire "Fallo d' Attesa"? No, no non voglio mica contraddire... E' che io mi so rialzato pres...
Coooooosa? Non ho lasciata in tempo? Ma Guardi che io l' ho lasciata appena...
Niente, vabbè mischia arbitro, mischia.

"Bassi"
Ok, bassi. Dio santo, la schiena già mi sento tirare. E questo? Ah, già dietro stanno già scalpitando. Che io ancora devo capire perchè c' hanno fischiato 'sta mischia contro. Vi giuro io l' ho lasciata subito, appena m' ha detto di no. Boh.
Ok, abbassiamoci... certo che è brutto dopo tutto questo tempo. E so' brutti pure questi qua di fronte.
Oh! E che cos... Ah, la mano. Teh, mettila qua, aggrappati alla maglia e tira, GIU' che se sali mi gioco il torneo delle voci bianche.

"Tocco"
Si c'è la distanza, si può fare. Ora siamo pronti. So brutti forte, guarda la.
che poi pensi, può mai essere necessaria  la distanza di un solo braccio per dare una botta così forte? Cioè quanto saranno? 75 cm? Va'... un metro, non di più. In un metro dovremmo fare testacollospalle tutti uniti? Il bello è pure quello.
Ora mi sento tirare anche di lato, e per un fallo che non ho manco commesso. Io l' ho lasciata subito, giuro. M' ha detto no e io so rotolato via.

"INGAGGIO"
E la Pausa? Cris... URGH!
Non si aspetta più nulla, è vero. Dio santo so pesanti questi, ora mi sento tirare anche da dietro. La palla è entrata? Non riesco manco a vedere bene il corridoio.
Non ero più abituato e mi ricordavo 4 tempi. Una pausa.
No, neinte paus... i piedi piantati, mi raccomando e la schiena dritta che sennò ti stappi, ti spezzi. Ci girano? ma non durava di meno?
Noooo, non esiste, ci deve essere qualcosa di strano... Io poi 'sto fallo manco l' ho fatto.
Fallo d' attesa. Boh.
Ma oramai, ci so dentro e si spinge...
...spè...
...forse ho capito...
Però devo spingere.
Pesano, sudano e schiacciano. Ma noi teniamo
Io, tengo. Io ho tenuto.
Non si molla, fino all' ultimo.
La palla però si, si deve mollare.
Però, per riprenderla, dopo devi tenere. Spingere, correre e tenere.
Non ci sono pause.